È arrivata la sentenza della Corte di Cassazione sul caso della professoressa che nel 2018 ebbe un figlio con un ragazzino a cui dava ripetizioni.
La Corte di Cassazione ha messo fine al caso legato alla professoressa di Prato che ebbe un figlio, nato nell’estate del 2018, da un ragazzino minorenne a cui aveva dato ripetizioni in vista degli esami di terza media.
I giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso dell’avvocato dell’operatrice socio sanitaria confermando la condanna inflitta al termine del processo d’appello a sei anni, cinque mesi e quindici giorni di reclusione per il reato di violenza sessuale su minore di 14 anni e atti sessuali con minore. La donna, dopo la decisione degli Ermellini, si è costituita presso il carcere femminile di Sollicciano a Firenze.
Ieri sera, mercoledì 25 ottobre, l’operatrice socio sanitaria di Prato, che ebbe un figlio con un ragazzino a cui dava ripetizioni, si è costituita al carcere femminile di Sollicciano a Firenze dopo la sentenza della Corte di Cassazione arrivata qualche ora prima.
La Suprema Corte, difatti, come riferisce La Nazione, ha respinto il ricorso presentato dal legale della donna e confermato la condanna inflitta in appello a sei anni, cinque mesi e quindici giorni di reclusione per violenza sessuale su minore di 14 anni e atti sessuali con minore. L’accaduto risale al giugno del 2017 sino al gennaio 2019, periodo durante cui la donna avrebbe avuto dei rapporti sessuali con il minore a cui dava ripetizioni per sostenere l’esame di terza media e da cui ha avuto un figlio nato nell’agosto di cinque anni fa.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti la relazione sarebbe andata avanti per circa un anno e mezzo e l’operatrice socio sanitaria avrebbe anche minacciato l’adolescente, figlio di alcuni amici di famiglia, di rivelare a tutti la paternità del bimbo se non si fosse più presentato agli incontri.
Le indagini scattarono quando venne presentata denuncia dalla madre del ragazzino notando qualcosa che non andava nel figlio. Durante l’attività di indagini quali è stata dimostrata, attraverso l’esame del Dna, anche la paternità del bimbo che venne riconosciuto dal marito della donna, prima indagato e poi assolto.
La professoressa, all’epoca 30enne e già madre di un altro bambino, ha già scontato un anno di arresti domiciliari ora dovrà scontare la pena in carcere.
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